
Una delle urgenze che ha fatto emergere il lockdown da coronavirus è stata quella dello sviluppo delle città italiane (avvenuto col boom del dopoguerra), in particolare dei centri storici che in molti casi si sono spopolati in favore di uffici pubblici e privati e in favore di eventi che esaltano monumenti (palazzi ed edifici di culto storici e carichi di beni artistici) e cultura (musei, grandi mostre, concerti …). Ma così le città rischiano di morire …
La situazione pre-covid-19 cozza con la realtà: una situazione oggi sempre più evidente.
Come far rivivere le città di dimensioni come le venete Vicenza, Bassano del Grappa, Feltre, Belluno, Verona, Padova, Treviso, Venezia Mestre e Rovigo dopo la pandemia?
L’URBANISTA FLORIDA: PENSARE LE CITTA’ PER GLI SMART-WORKERS
“Le città di secondo e terzo livello, per esempio le piccole città con un vero centro storico o una bella piazza centrale, dove insieme ai monumenti c’è anche una tradizione di ottimo cibo, potrebbero diventare attraenti per chi lavora in remoto. Se tu sei il sindaco o il pianificatore urbano di una di queste piccole città., forse dovresti avere già iniziato a cercare qualche modo per attirare smart workers”.
Lo afferma l’urbanista Richard Florida, considerato uno dei più importanti docenti e ricercatori nel suo campo, che insegna alla University of Toronto’s School of Cities e con collaborazioni in alcune università statunitensi.
Quella riportata è una risposta che ha dato alla lunga intervista di Evelina Marchesini sul Sole 24 ore del 7 settembre scorso nelle pagine dedicate alla “casa, professionisti, mercato e real estate”.
Florida sostiene che dopo la pandemia da coronavirus le città per rinascere debbano attirare gli smart workers, i giovani, coloro che producono. In Nordamerica i professionisti, i lavoratori della conoscenza, i knowledge workers, per il 40% hanno cominciato a lavorare da remoto (in smart working) e questo avverrà negli USA almeno fino alla prossima estate 2021.
Pertanto la città, in particolare il centro, deve ripopolarsi di abitanti a cui piace la cultura e il vivere bene. Le periferie e i sobborghi non sono attraenti, spesso non sono nemmeno family-friendly: nel caso d’Oltreoceano nelle città e nelle zone periferiche vi è un forte degrado dovuto alla criminalità e i numeri dei delitti è veramente imparagonabile a quello che avviene in Italia.

L’incredibile e soffocante estensione post covid-19 dei tavolini (plateatici) in piazza delle Erbe
SPUNTI PER FAR RIVIVERE IL CENTRO DI VICENZA
In queste pagine come facciamo di solito vorremmo portare degli spunti per noi cittadini e per i nostri amministratori comunali e locali.
Parliamo di Vicenza: ben venga il regolamento per elevare la qualità degli esercizi commerciali (quello proposto è stato strumentalmente attaccato: dovrebbe anche essere limato, migliorato), ma il centro storico non è fatto di solo commercio: le associazioni di categoria dei commercianti non possono dettare legge, né pretendere di farlo. La città nei loro confronti (come verso ogni cittadino) ha dei doveri: deve dare loro delle opportunità. E i plateatici “dilatati”, come sta avvenendo nelle piazze centrali, non sono e non saranno la soluzione: il rischio è di trasformare Vicenza in una sorta di AlcoolCity (AperolCity, SpritzCity, … divertitevi).
Il centro deve essere ripopolato dalle famiglie con bambini, non solo da anziani che sono lì da una vita. Non solo dai lavoratori/professionisti single che hanno disponibilità economica. Bisogna rivedere i parcheggi: in centro poche case hanno i garage, servono delle autorimesse sicure (edifici possibili all’ex Macello, a Santa Corona, nell’ex tribunale e in altri edifici “abbandonati”)
Oltre ai parcheggi ci vogliono le scuole, e i servizi per il tempo libero: non esiste che i genitori si trasformino in taxi driver tutti i pomeriggi per portare i ragazzi ai campi da calcio o nelle palestre dall’altra parte della città. Non ha senso alimentare traffico, semmai dobbiamo passare alla mobilità green e sostenibile, e rispolverare bene i progetti delle piste e dei percorsi ciclabili, delle reti ciclabili con i sobborghi e le città limitrofe.
E lo sviluppo del centro storico e dei quartieri limitrofi, passa anche per un calendario di avvenimenti culturali da far vivere alla città e ai cittadini. In questo caso vanno valorizzate le ottime competenze che abbiamo in città (le orchestre, il conservatorio, le compagnie teatrali, le istituzioni come la Fondazione del Teatro, il Palladio Museum … ci vorrebbe anche un polo per l’arte contemporanea a partire dalle persone e dalle competenze, non dagli “scatoloni”).
Se si programma bene poi i servizi (anche sanità, ambulatori, ecc) funzionano, e il turismo d’arte viene da sé.

Piazza delle Biade invasa dai plateatici post coronavirus: per dare ossigeno ai commercianti si soffoca la passeggiata del cittadino!
Oggi sembra che un po’ tutto sia sfilacciato, che non ci sia un progetto di fondo, che si vada avanti per inerzia e per accontentare chi urla di più; che si presupponga che le famiglie abitino nei quartieri popolosi e popolari della città, che in centro ci siano solo uffici pubblici, di professionisti, negozi e ci vivano i ricchi.
E gli amministratori locali pensano ancora che per far rivivere i centri storici ci sia bisogno di eventi attrattivi di massa: in questo caso ci guadagnano solo gli esercizi pubblici, i bar e i ristoranti che effettivamente si sono sviluppati nell’era delle grandi mostre di Marco Goldin (e i cui gestori spesso non votano nemmeno in città). E ora che quelle grandi mostre non è più possibile realizzarle?
Comunque gli eventi di massa sono in contrasto con la vita di tutti i giorni, con noi cittadini del centro storico: guardate cosa è successo a Venezia da metà ‘900 a oggi, si è spopolata!
Pertanto bisogna cambiare strada! Altrimenti si sviluppano centri storici come vere e proprie Disneyland dell’arte in preda al turismo di massa.
Sono spunti su cui discutere!