
E’ incredibile: c’è un’opera d’arte a Vicenza che è composta di una parte che risale a 700 anni fa e da un’altra che conta 500 anni. Si tratta di una collaborazione a distanza tra un artista veneto del XIV secolo, quindi ancora del Medioevo, e un artista del Rinascimento vicentino (XVI secolo).
E’ una grande tavola che si trova su di un’altare della Chiesa di Santa Corona a Vicenza e che è stata ripresentata di recente dai Musei Civici Vicentini.
L’OPERA E I DUE AUTORI
E’ la “Madonna delle stelle” di Lorenzo Veneziano (documentato a Venezia dal 1356 al 1372) e di Marcello Fogolino (Vicenza, nato tra 1483 e il 1488 e morto dopo il 1558).
Nel 2011, dopo il restauro voluto dalla Soprintendenza di Verona, l’opera fu oggetto di una mostra specifica. In quel frangente fu confermato dagli esperti che la tela all’interno della tavola era proprio opera di Lorenzo Veneziano: fino ad allora non vi era certezza. L’iconografia infatti è pressoché identica a quella della Madonna dell’Umiltà di Trieste sempre opera di Lorenzo Veneziano, uno dei primi artisti italiani che utilizzarono tele al posto delle tavole per i loro dipinti.
L’IDEA DI FOGOLINO: DALLA TELA ALLA PALA
La tavola trecentesca è stata ingrandita e trasformata da Marcello Fogolino nei primi decenni del ‘500, a lui si devono infatti gli angeli e la “predella” con la famosissima veduta di Vicenza.
Dal ‘300 al ‘500 il dipinto, oggetto di grande culto, fu notevolmente modificato: si passò dall’immagine trecentesca della Vergine dell’Umiltà di Lorenzo Veneziano alla Madonna delle Stelle ad opera di Marcello Fogolino. L’intervento del Fogolino trasformò la tela in una grande pala centinata, dove, nella parte inferiore, compare una veduta di Vicenza del primo Rinascimento.
DESCRIZIONE DEL SOGGETTO DELLA PALA
Tra gli elementi che qualificano la nuova pala rientra la vistosa corona ornata di gemme che due angeli in volo tengono sospesa sul capo della Vergine al di sopra dell’originaria aureola a indicarne la regalità.
A corredare il concetto della celeste regalità di Maria concorrono le schiere angeliche dei serafini e cherubini che punteggiano con le loro teste alate, rispettivamente rosse e verdi, il bianco di soffici nuvole poste ai suoi piedi.
Grande spazio è inoltre riconosciuto alla variopinta teoria di angeli musicanti che rinserrano tutt’intorno l’immagine della Vergine allattante, quasi a circoscriverla in una mandorla, occupando l’intera centina del dipinto.
LA VEDUTA CINQUECENTESCA DI VICENZA
Nella veduta di Vicenza il panorama è colto da Sud, da un punto di vista ravvicinato, sulle prime pendici settentrionali di Monte Berico, quasi sulle sponde del Retrone.
Sullo sfondo troviamo il Monte Summano, i profili sopra Recoaro a sinistra e dell’Altopiano di Asiago a destra isolando l’immagine urbana rinserrata nel cerchio delle mura scaligere.
Fuori dalle mura la distesa di Campo Marzo, riconoscibile la Basilica di San Felice, e in primo piano l’antica porta Lupia.
Proseguendo il Fiume Retrone entra in città attraverso ponte Furo, si vedono i profili di Porta San Rocco e Porta Nuova, il Torrione di Porta Castello, il Duomo e il Palazzo della Regione (prima dell’intervento palladiano) in prossimità della Torre del Tormento. Infine la stessa Chiesa domenicana di Santa Corona destinataria dell’opera.
QUI il sito dei Musei civici di Vicenza