
Respirare a pieni polmoni tra il bisbiglio di boschi e foreste giova all’umore e alla salute. Lo sa da sempre chi vive ogni giorno a stretto contatto con la natura, lo avverte chi corre intrappolato nella chiassosa quotidianità metropolitana. Lecci, cerri, querce e aceri, erica arborea, corbezzolo ma anche giganti sempreverdi sono la quinta di una pratica ancestrale ben radicata fin dalla notte dei tempi.
A darle un nome, codificandola e trasformandola in un rito, in un’arte e in una terapia medica, prescritta persino dalla medicina fin dai tempi non sospetti (Anni 80), non poteva non essere il Giappone, patria dell’hanami (l’osservazione estasiata dei ciliegi in fiore) e del komorebi (la luce che filtra tra le foglie degli alberi).
Lecci, querci e giganti sempreverdi sono la quinta di una pratica ancestrale
Qui, il Shinrin-yoku, ovverro il trarre giovamento dall’atmosfera della foresta, ha trovato non solo la sua definizione, ma anche studi scientifici che ne hanno confermato i benefici, mettendoli nero su bianco: rilassamento fisico e mentale, stabilizzazione dei valori vitali come pressione arteriosa, frequenza cardiaca, cortisolo, glicemia, ossigenazione del sangue ma anche rischi ridotti di patologie depressive, di stati ansiosi e di rabbia, aumento di estro e creatività. Preserviamoli preserviamoci.
(Estratto dall’articolo Il bosco in camera di Valeria Palieri)