
10 ricette della tradizione Cimbra: quella dei cimbri è stata una tradizione semplice, povera, legata all’ambiente, ma ricca di gusti e di sapori. Si mangiavano i frutti della montagna, i frutti prodotti nei piccoli orti e sulle terrazze estese lungo i pendii esposti al sole, frutti elaborati spesso con gusto e sapienza geniale.
Questa esperienza è stata recuperata anche grazie al contributo dei ristoratori dell’Altopiano di Asiago, dove sono state valorizzate 10 ricette della tradizione Cimbra
1. La “Considera”
In un paiolo si fanno bollire delle patate con sale grosso. Una volta cotte, si passano al setaccio mettendo da parte l’acqua di cottura. Nel frattempo si prepara in un tegame dell’olio con burro e vi si fa rosolare della cipolla che si toglie appena imbiondita.
Tolta la cipolla, si aggiunge della farina bianca e si rimette sul fuoco a calore moderato fino ad ottenere la dovuta coloritura, cioè fino a quando il composto di condimento a farina assume un colore nocciola. A questo punto si amalgama il tutto nel paiolo con le patate aggiungendo un pizzico di cannella, e se serve, un pò d’acqua di cottura. Si lascia ancora dieci minuti sul fuoco e poi si versa su un tagliere di legno precedentemente bagnato.
Questa “considera” veniva mangiata senza companatico perchè era già molto saporita, come la polenta di granoturco si può, una volta fredda, tagliarla a fettine e farla abbrustolire sulla brace.
2. La “Cavrizza”
Ricette delle tradizione Cimbra
Un modo diverso di fare la polenta, intesa come piatto unico, è anche la “cavrizza”. Si usa la farina di granoturco. Dopo aver bollito del latte con un pò di sale si versa lentamente la farina gialla fino ad ottenere una pappa liquida. Si lascia cuocere e si serve poi in piatti freddi. Oggi la cavrizza viene riproposta arricchita con una grattugiata di Asiago d’allevo stravecchio, burro fresco e una manciata di “cumo” imbianchito aggiunti all’ultimo minuto.
3. La “Mosa Latte”
Simile alla “cavrizza” è la mosa latte. Ingrediente principale è il latte. Si prepara mettendo in un paiolo 1/3 di acqua e 2/3 di latte, un pò di sale, un pezzo di burro e farina gialla quanto basta per ottenere la consistenza di una tenera polenta lasciando cuocere bene. Una volta cotta questa “mosa”, che significa pappa, viene servita in scodelle riempite di latte freddo o tiepido. In alcune famiglie c’era l’usanza di mettere la “mosa” in una terrina la centro del tavolo e ogni commensale riempiva la scodella con un mestolina.
4. Lo “Steraz”
Ingrediente principale sempre il latte. Si metteva in una terrina della farina bianca con uova e acqua tiepida, nella quale si era sciolto un pò di sale. Si preparava così un impasto piuttosto morbido. In un tegame a parte si fondeva del burro e visi versava il composto facendolo rosolare da ambo i lati. Lasciandolo sempre sul fuoco, con un mestolo di legno, si rigirava il tutto spezzettandolo fino a farlo sbriciolare abbastanza finemente. La cottura durava quasi un’ora e alla fine si aggiungeva una o due cucchiaiate di zucchero. Si toglieva quindi il tegame dal fuoco e, una volta tiepido, ad ognuno veniva servito, dentro una scodella di latte caldo, lo steraz quasi biscottato.
5. Il “Frikko”
Alla polenta, piatto quotidiano, si accompagnano pietanze come il frikko a base di formaggio.
Si lascia fondere un pezzo di burro in una padella, si aggiunge dell’Asiago tagliato a dadini e, a fiamma lenta, si mescola il tutto finchè il formaggio risulta fuso. Perchè il frikko resti tenero anche a fusione ultimata sii aggiunge al composto un cuccgiaio di aceto o di acqua. A piacere si possono aggiungere uova o delle fette di salame scottate.
6. Il “Pultabrodel”
Nel periodo dell’anno in cui veniva ucciso il maiale, si mangiava anche il pultabrodel, un piatto che si preparava con le salsicce.
Si tagliano delle salsicce per lungo e si friggono da ambo i lati con un pò di burro o si lasciano cuocere nel grasso che da esse fuoriesce. Si aggiunge un bicchiere d’acqua e quando bolle vi si mette un pò di farina gialla, lasciando cuocere ancora un pò.
7. Lo “Sboaz”
Del maiale non si buttava via niente, veniva raccolto anche il sangue fino all’ultima goccia, che, una volta raffreddato e coagulato, si tagliava a fette, come il fegato, e si rosolava in olio e cipolla.
8. Gli “Gnocchi col cuciaro”
In una terrina si prepara una polentina con della farina bianca, un uovo, un pizzico di cannella e un pò di acqua tiepida dove si fa sciogliere un pò di sale. A piacere, perchè gli gnocchi restino un pò più morbidi, a fine cottura, si può aggiungere una manciata di pane grattuggiato. Si mescola bene il tutto avendo cura di sciogliere eventuali grumi. Nel frattempo si mette a bollire una pentola con abbondante acqua salata. In pieno bollore si versano rapidamemte dei cucchiaini dell’impasto. Una volta a galla gli gnocchi devono cuocere ancora 15 minuti. Un tempo venivano serviti semplicemente con burro fresco.
9. La “zuppa col praio”
Leggi la ricetta nel nostro precedente articolo
10. Il “Rajken” (Tarassaco)
Si faceva cuocere, pulito e lavato per bene, in una pentola con poca acqua per 10 minuti. Si scolava quindi in uno scolapasta. In una casseruola si soffriggeva aglio e cipolla con olio e burro; si aggiungeva quindi il tarassaco con due o tre fette di salame e si cuoceva lentamente per latri dieci minuti. Si serviva con la polenta.