
Nuovo appuntamento con la Stagione Lirica del Teatro Sociale di Rovigo che sabato 25 gennaio alle 20.30 vedrà in scena Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni e Suor Angelica di Giacomo Puccini. Il dittico verrà replicato domenica 26 gennaio alle 16.
“Sono molto felice – ha affermato il direttore artistico del Teatro Sociale Luigi Puxeddu -, di aprire il 2020 nel mio nuovo incarico con questo dittico. Una versione originale di queste due opere che il regista ha voluto collegare e che sicuramente piaceranno al pubblico, che ringrazio per la presenza e per il sostengo che dà al nostro teatro”.
La scena di SUOR ANGELICA e CAVALLERIA RUSTICANA
Interpretazione critica di Francesco Bondì
Suor Angelica
La Chiesa ha sempre custodito – o nascosto – segreti che hanno disegnato inesorabilmente il destino degli uomini.
Così la vicenda di Suor Angelica si snoda fra le trame delle grate che evocano l’intreccio narrativo del dramma che separa la protagonista dal mondo.
Questo è uno spazio che racconta una vita nascosta che a sua volta nasconde un’altra vita: un segreto a cui è stato negato il sole della verità e che la Chiesa ha sapientemente ammantato di grazia.
Così nasce l’idea di ambientare la vicenda di Suor Angelica in uno spazio chiuso e oppresso dallo sguardo vigile, e forse anche giudicante, dei santi Pietro e Paolo, vegliardi di un mondo che volge lo sguardo all’altro mondo e custodi di vite che, sembrano dire, possono raggiungere il mondo reale solo attraverso il loro canto.
Cavalleria rusticana
Lo sguardo e la prospettiva visiva si allargano in Cavalleria rusticana. La piazza, lo spazio sacro e la luce rappresentano rispettivamente la società, la famiglia religiosa e i valori morali.
Tre ordini ascendenti scanditi dagli effetti di due delle tre virtù teologali che compaiono sulla scena: a sinistra la Carità e a destra la Fede.
La Fede evoca la fedeltà e la Carità evoca l’amore, inteso come passione cieca.
La ricerca della verità, il dubbio del tradimento e l’incertezza dell’esistenza umana sono concetti che si annidano nelle pieghe dei velluti e nella tela della “Deposizione”, quest’ultima desunta dalla tradizione pasquale palermitana, e insieme attendono l’azione scenica della revelatio, in cui la macchina scenica barocca, nella retorica della meraviglia, restituisce da un lato un’immagine apologetica della Chiesa che incensa se stessa, dall’altro evoca il tentativo umano di dare una forma concreta al mistero della Resurrezione, estetizzando l’invisibile con l’esclusivo obiettivo di dominare una comunità contadina attraverso il potere manipolante e manipolato dell’immagine divina.